Descrizione
Santa Giustina, conosciuta anche come Giustina di Padova, è stata una martire cristiana vissuta alla fine del III e all'inizio del IV secolo dopo Diocleziano.
Nel territorio veronese, intorno alla metà del XIII secolo, durante la turbolenta signoria di Ezzelino da Romano, nacquero, nonostante le limitazioni del Concilio ecumenico Lateranense (1215), piccole comunità religiose ispirate ai grandi Ordini mendicanti, francescani e domenicani.
A Illasi, nella chiesa antica di Santa Giustina e nei modesti edifici adiacenti, si formò intorno al 1250 una di queste nuove comunità spontanee che si ispirava ai vicini monaci benedettini di Calavena. Alcune persone di Verona, uomini e donne, stanche delle cose del mondo e soprattutto della vita in città, si stabilirono qui per dedicarsi alla penitenza come in una vita monastica, vestendo abiti semplici. Si chiamavano reciprocamente suore e frati, fratelli e sorelle, con un frate sacerdote a guidarli sotto il titolo di Priore a vita.
Dopo momenti difficili segnati dalla peste e il terremoto del 1348, l’ultimo Priore, il frate Alberto Dalla Riva fu Leonardo, ormai vecchio e malato, nel 1354 rinunciò al suo incarico.
Intervenne dunque il vescovo di Verona, Pietro Della Scala (1350-1388), che incaricò l'Abate Castellano (1331-1359) del monastero dei Santi Pietro, Vito e Modesto di Calavena di trovare un successore. La chiesa di S. Giustina, faceva parte dei possedimenti del monastero di Calavena e come tale, la sua comunità era assistita dall’Abate.
Se in passato, i precedenti Abati avevano risolto situazioni simili per i monasteri benedettini di San Cassiano di Mezzane e San Lorenzo di Sezzano in Valpantena, questa volta non si riuscì a trovare un sacerdote che potesse fungere da Priore.
A quel punto ci si rivolse alle suore benedettine di San Michele in Campagna e si ottenne suor Francesca Della Scala, figlia di Cangrande I, che fu prima eletta Prioressa e poi Badessa dello stesso monastero di Santa Giustina.
Nonostante gli sforzi della Badessa di accrescere il monastero in numero e serietà, solo sei anni dopo, nel 1360, a causa delle difficoltà di trovare un sacerdote adeguato per la direzione spirituale e l'amministrazione dei sacramenti in quel luogo isolato, insieme alle altre tre sorelle della comunità rimaste - suor Dionore, suor Alena e suor Floridilia - chiese e ottenne dal vescovo Pietro Della Scala di unirsi alla grande comunità domenicana del monastero di Santa Maria Mater Domini, vicino a San Giorgio in Braida a Verona.
Così, poco dopo la morte dell'Abate Castellano, si conclude anche la breve storia del monastero misto di Santa Giustina di Illasi, durata circa un secolo (1250-1360).
Interessante è sapere che nelle vicinanze si teneva il più grande mercato dell'est veronese fin dall'XI secolo, inizialmente favorito dai Conti di Verona (Sanbonifacio), poi dalle monache e infine dai monaci di Calavena. Tutte le decime raccolte che dovevano essere pagate loro venivano messe in vendita in questo mercato.
Quando il monastero di Calavena iniziò ad avere problemi, le autorità locali, che all'epoca erano comunali, spostarono il mercato a Verona, nella zona di Madonna di Campagna, che era di proprietà del monastero femminile. Successivamente, il mercato venne spostato di nuovo a Verona, nella zona di Campo Marzo.
La chiesa di S. Giustina sembrerebbe essere molto antica, forse esistente già prima del 1000.
Il documento più antico che menziona la chiesa risale al 1082, in cui viene descritta come una cappella rurale di appartenenza al monastero di S. Pietro, Vito e Modesto di Calavena.
L’ipotesi della collocazione temporale dell’edificio sarebbe verosimilmente confermata anche dal numero “1011” inciso sulla trave di mandorlo che in origine sosteneva la copertura della torre campanaria. La trave, danneggiata da un fulmine nella prima metà del’900, è stata definitivamente sostituita durante i lavori di restauro del 2002; tuttavia, la parte più significativa è stata conservata e riposta all’interno della torre campanaria.
Per anni, la chiesa di S. Giustina ha tenuto nascosti dei reperti romani, stati scoperti solo durante alcuni lavori di restauro.
La collocazione di reperti romani era una pratica frequente nelle chiese paleocristane e altomedievali, per lo più per motivi simbolici.
A ciò fa pensare il primo ritrovamento, una pietra tonda rinvenuta sotto l’altare nel XVIII secolo e riportante una dedica agli imperatori Massimino e Costantino; sembra infatti che Santa Giustina abbia subito il martirio proprio sotto il regno di Massimino.
Altri due reperti sono rinvenuti nel 2002; si tratta di due frammenti di un grande miliario della Via Postumia, in origine posto al nono miglio da Verona (in un punto situato all’incirca a metà fra le odierne località di Vago di Lavagno e di Strà di Caldiero) e da lì, trasportato in epoca non precisabile nella vicina chiesa di S. Giustina. Ora sono murati a ridosso del campanile.
Quanto riguarda la struttura architettonica dell’edificio, rispetta fedelmente le caratteristiche costruttive tipiche dell’arte romanica. Il tetto è a campana e la facciata presenta un portale rettangolare circondato da un semplice bugnato e una finestra a lunetta semicircolare sopra di esso.
La torre campanaria a base quadrangolare presenta finestre a bifora ed è caratterizzata dalle pietre a vista. È l’elemento verticale che, nel complesso, conferisce alla chiesa un’impronta semplice ma suggestiva, riaffiorando dagli ulivi che la circondano e in parte, nascondono.
Nel XVIII secolo, l'intero complesso versava in condizioni pessime e la chiesa fu ridotta di dimensioni.
Nel IX secolo, la chiesa passò alla famiglia dei conti Pompei d'Illasi e oggi è di proprietà privata.